martedì 1 dicembre 2009
martedì 20 gennaio 2009
giovedì 4 dicembre 2008
Report: Israel Preparing to Strike Iran Without U.S. Consent
Israel is drawing up plans to attack Iran's nuclear facilities and is prepared to launch a strike without backing from the U.S., an Israeli newspaper reported Thursday.
Officials in the Israeli Defence Ministry told The Jerusalem Post that while they prefer to act in consultation with the U.S., they are preparing plans that would allow them to act alone.
"It is always better to coordinate," a senior Defence Ministry official told the newspaper. "But we are also preparing options that do not include coordination."
It would be difficult, but not impossible, to launch a strike against Iran without permission from the U.S., as the American Air Force controls the Iraqi airspace Israel's jets would have to enter on a bombing mission.
"There are a wide range of risks one takes when embarking on such an operation," a senior Israeli official told the Post.
Iran, the world's fourth-largest crude oil producer, maintains that its uranium enrichment activities are aimed at making fuel for a network of planned electricity-generating nuclear power plants and not for developing weapons.
However Israel intelligence sources say Iran has sufficient nuclear material to make an atomic bomb.
Last month, amid mounting fears in Israel that the U.S. was doing nothing to prevent Iran from becoming a nuclear power, Ehud Olmert, Israel's Prime Minister, warned President Bush the last chance of destroying Tehran’s nuclear bomb-making program was passing.
Iran dismisses the possibility of an Israeli strike.
"We think that regional and international developments and the complicated situation faced by Israel itself will not allow it to launch military strikes against other countries," Iranian Foreign Ministry spokesman Hassan Qashqavi said, according to the Press TV Web site.
"Israel makes threats to promote its psychological and media warfare," Qashqavi said.
A report, published in September in Britain's Guardian newspaper, claimed that Isreali Prime Minister Ehud Olmert requested a green light to attack Iran in May but was refused by Bush.
Foxnews.
Officials in the Israeli Defence Ministry told The Jerusalem Post that while they prefer to act in consultation with the U.S., they are preparing plans that would allow them to act alone.
"It is always better to coordinate," a senior Defence Ministry official told the newspaper. "But we are also preparing options that do not include coordination."
It would be difficult, but not impossible, to launch a strike against Iran without permission from the U.S., as the American Air Force controls the Iraqi airspace Israel's jets would have to enter on a bombing mission.
"There are a wide range of risks one takes when embarking on such an operation," a senior Israeli official told the Post.
Iran, the world's fourth-largest crude oil producer, maintains that its uranium enrichment activities are aimed at making fuel for a network of planned electricity-generating nuclear power plants and not for developing weapons.
However Israel intelligence sources say Iran has sufficient nuclear material to make an atomic bomb.
Last month, amid mounting fears in Israel that the U.S. was doing nothing to prevent Iran from becoming a nuclear power, Ehud Olmert, Israel's Prime Minister, warned President Bush the last chance of destroying Tehran’s nuclear bomb-making program was passing.
Iran dismisses the possibility of an Israeli strike.
"We think that regional and international developments and the complicated situation faced by Israel itself will not allow it to launch military strikes against other countries," Iranian Foreign Ministry spokesman Hassan Qashqavi said, according to the Press TV Web site.
"Israel makes threats to promote its psychological and media warfare," Qashqavi said.
A report, published in September in Britain's Guardian newspaper, claimed that Isreali Prime Minister Ehud Olmert requested a green light to attack Iran in May but was refused by Bush.
Foxnews.
lunedì 10 novembre 2008
mercoledì 5 novembre 2008
Vince Obama, e sarà un guerrafondaio
Scrivo alle 19 di martedì, ma so già che solo un miracolo -o sondaggi incredibilmente sballati- cambierà l'esito scontato di queste elezioni.
Vince Obama, dunque ed è un cambiamento storico per gli Stati Uniti. Inutile spiegare perché. Vince un nero nel paese che ridusse in schiavitù milioni di africani e su questa schiavitù innestò la sua potenza. Vince un outsider che ha sconfitto l'apparato del partito Democratico, dando una scossa definitiva ad una intera classe politica troppo arruginita. Vince un uomo dalla fede profonda e consolida un egemonia culturale di una grande nazione che non è cresciuta ''contro'' le chiese -come accadde a tutte le nazioni europee- ma ''assieme'' alle Chiese, sin dall'epoca dei padri Pellegrini.
Enorme sarà dunque l'impatto della presidenza Obama sulla società americana. Ma non sarà così nel mondo. La presidenza Obama sarà molto più omogenea a quella di Bush di quanto non si pensi -o si speri- nel vecchio continente. Sarà una politica di potenza, che non diprezzerà le scelte unilaterali (Clinton bombardò per una settimana Baghdad e Khartum dall'oggi al domani nel 1998)e che sarà cpstretta ad usare il braccio di ferro contro l'Iran e contro il terrorismo islamico, in modo non dissimile da quanto fatto da Bush. Lo stesso Obama ha detto di essere pronto ad una azione militare unilaterale degli Usa nel caso -per nulla remoto- che la bomba atomica del Pakistan rischi di cadere sotto controllo di quella parte -assolutamente non marginale- dei vertici militari di Islamabad che tresca con i Talebani. Qui è il punto. Obama arriverà a momenti di guerra male, si impegolerà in trattative senza condizioni con gli ayatollah (e con Hamas e Hezbollah e Siria), che finiranno male, perché la divergenza con loro è strategica, non ricomponibile. Ma quando le trattative falliranno, e falliranno, Obama reagirà male, perché non ha elaborato una strategia del confronto, ma solo una strategia del dialogo. Sarà, insomma, una replica, una pessima replica, di quell'Jimmy Carter che ha con Obama molti e pesimi punti di contatto. Quel Carter che fece della difesa dei diritti umani la sua bandiera e che riuscì nel suo mandato a fare di tutto per consegnare l'Iran a Khomeini e a permettere a Breznev di invadere -assolutamente indisturbato- l'Afghanistan.
Obama è in pieno nella tradizione amerciana che vede tutte le guerre, a partire da quella con la Spagna per Cuba, iniziate da presidenti democratici (ricordate la Corea? e il Vietnam?) e chiuse da presidenti repubblicani. Unica eccezione i due Bush, che però hannoa aperto e chiuso la guerra con Saddam nel 1990 (guerra multilaterale come poche, a fianco della Lega Araba!) e quella con l'Iraq. Unica guerra aperta e non ancora chiusa quella contro Osama bin Laden e i Talebani in Afghanistan che ha una speranza di soluzione solo in quella esportazione del surge di Petraeus, che ha vinto in Iraq e contro cui però, il senatore Obama ha votato contro al Senato.
Insomma, la presidenza oBama sarà un brutto incubo per i seguaci di Walter Veltroni, che nell'arco di un anno si accorgeranno di avere tifato per un presidente americano bellicista come tutti i presidenti amerciani. Anzi, più bellicista di Jhon Mc Cain.
CARLO PANELLA
Vince Obama, dunque ed è un cambiamento storico per gli Stati Uniti. Inutile spiegare perché. Vince un nero nel paese che ridusse in schiavitù milioni di africani e su questa schiavitù innestò la sua potenza. Vince un outsider che ha sconfitto l'apparato del partito Democratico, dando una scossa definitiva ad una intera classe politica troppo arruginita. Vince un uomo dalla fede profonda e consolida un egemonia culturale di una grande nazione che non è cresciuta ''contro'' le chiese -come accadde a tutte le nazioni europee- ma ''assieme'' alle Chiese, sin dall'epoca dei padri Pellegrini.
Enorme sarà dunque l'impatto della presidenza Obama sulla società americana. Ma non sarà così nel mondo. La presidenza Obama sarà molto più omogenea a quella di Bush di quanto non si pensi -o si speri- nel vecchio continente. Sarà una politica di potenza, che non diprezzerà le scelte unilaterali (Clinton bombardò per una settimana Baghdad e Khartum dall'oggi al domani nel 1998)e che sarà cpstretta ad usare il braccio di ferro contro l'Iran e contro il terrorismo islamico, in modo non dissimile da quanto fatto da Bush. Lo stesso Obama ha detto di essere pronto ad una azione militare unilaterale degli Usa nel caso -per nulla remoto- che la bomba atomica del Pakistan rischi di cadere sotto controllo di quella parte -assolutamente non marginale- dei vertici militari di Islamabad che tresca con i Talebani. Qui è il punto. Obama arriverà a momenti di guerra male, si impegolerà in trattative senza condizioni con gli ayatollah (e con Hamas e Hezbollah e Siria), che finiranno male, perché la divergenza con loro è strategica, non ricomponibile. Ma quando le trattative falliranno, e falliranno, Obama reagirà male, perché non ha elaborato una strategia del confronto, ma solo una strategia del dialogo. Sarà, insomma, una replica, una pessima replica, di quell'Jimmy Carter che ha con Obama molti e pesimi punti di contatto. Quel Carter che fece della difesa dei diritti umani la sua bandiera e che riuscì nel suo mandato a fare di tutto per consegnare l'Iran a Khomeini e a permettere a Breznev di invadere -assolutamente indisturbato- l'Afghanistan.
Obama è in pieno nella tradizione amerciana che vede tutte le guerre, a partire da quella con la Spagna per Cuba, iniziate da presidenti democratici (ricordate la Corea? e il Vietnam?) e chiuse da presidenti repubblicani. Unica eccezione i due Bush, che però hannoa aperto e chiuso la guerra con Saddam nel 1990 (guerra multilaterale come poche, a fianco della Lega Araba!) e quella con l'Iraq. Unica guerra aperta e non ancora chiusa quella contro Osama bin Laden e i Talebani in Afghanistan che ha una speranza di soluzione solo in quella esportazione del surge di Petraeus, che ha vinto in Iraq e contro cui però, il senatore Obama ha votato contro al Senato.
Insomma, la presidenza oBama sarà un brutto incubo per i seguaci di Walter Veltroni, che nell'arco di un anno si accorgeranno di avere tifato per un presidente americano bellicista come tutti i presidenti amerciani. Anzi, più bellicista di Jhon Mc Cain.
CARLO PANELLA
martedì 4 novembre 2008
giovedì 11 settembre 2008
martedì 9 settembre 2008
Obama il musulmano
NEW YORK - Alla fine lo scivolone è arrivato. Dopo le accuse e i pettegolezzi messi in giro dai suoi oppositori, Barack Obama è inciampato in una gaffe abbastanza clamorosa in tv. Intervistato sull'ABC, in 'This Week', con George Stephanopoulos, il candidato democratico alla Casa Bianca voleva sfatare proprio i 'rumor', secondo cui sarebbe di fede musulmana. E puntando il dito contro i repubblicani, che «tirano il sasso e nascondono la mano» aizzando le voci, ha detto proprio la frase che non avrebbe mai voluto pronunciare: «La mia fede musulmana». Immediata la correzione, «la mia fede cristiana». Ma intanto la gaffe è già diventata un tormentone
SONDAGGI - Semplice incidente o segnale di un nervosismo crescente? Difficile dirlo. Di certo c'è che la convention repubblicana ha fatto da propulsore per il senatore dell’Arizona John McCain, rivale di Obama nella corsa alla Casa Bianca, che è riuscito a superare il democratico, invertendo una tendenza che lo vedeva da mesi in svantaggio più o meno ampio. Per Usa/Today Gallup McCain stacca Obama di dieci punti tra gli elettori non registrati, mentre la media dei sondaggi, che la settimana scorsa dava il senatore dell’Illinois avanti di oltre 6 punti, ora vede in testa il veterano del Vietnam di un punto. Il sondaggio condotto da Usa Today/Gallup suggerisce che McCain è avanti di dieci punti, con il 54% delle preferenze contro il 44% dell’avversario, tra gli elettori non registrati ma che sembrano intenzionati ad andare a votare, mentre tra gli elettori registrati il senatore dell'Arizona è in vantaggio di quattro punti, con il 50% delle preferenze al 46 per cento.
Corriere della Sera
lunedì 8 settembre 2008
venerdì 5 settembre 2008
lunedì 14 aprile 2008
venerdì 11 aprile 2008
mercoledì 5 marzo 2008
I servizi segreti Usa: nel 2009 l'Iran avrà l'atomica
Se ci fosse una classifica delle più recenti "notizie che non escono", quella che stiamo per darvi finirebbe in testa. Nel disinteresse generale, il direttore supremo dell'in telligence americana, Michael McConnell, si è infatti clamorosamente rimangiato il tranquillizzante rapporto (o Nie) sulla retromarcia degli iraniani nella corsa all'atomica, che lui stesso aveva diffuso a inizio dicembre. Arrivando persino a indicare una data per la prima bomba degli ayatollah: inverno 2009. Lo ha fatto il 5 febbraio scorso illustrando a porte chiuse davanti alla Commissione per l'intelligence del senato il "Threat assessment 2008", ossia il consueto resoconto annuale sulle minacce alla sicurezza nazionale delle 16 agenzie che raggruppano i servizi segreti Usa. Un'analisi coordinata e firmata sempre da McConnell, che ora è anche consultabile all'indirizzo governativo intelligence.senate.gov.
Libero
E John Mccain sia!
John Mccain l'eroe di guerra ha conquistato la candidatura Repubblicana per la corsa alla Casa Bianca, aggiudicandosi il poker di Stati in palio ieri Texas,Ohio,Rhode Island,Vermont.
"E' stato un esercizio di umiltà, ma la vera battaglia deve ancora venire", ha detto a Dallas il senatore dell'Arizona che si prepara a 72 anni alla sfida per la conquista della Casa Bianca nel novembre 2008.
Il presidente George W. Bush ha deciso di dargli l'appoggio oggi in una cerimonia alla Casa Bianca dopo che McCain ha superato il numero magico dei 1.191 delegati necessari per la nomination. Bush finora era rimasto in panchina anche se suo padre, l'ex presidente George H. W. Bush, aveva appoggiato McCain.
In campo Democratico i giochi si sono riaperti visto che Hillary Clinton ha battuto Barack Obama in Texas e in Ohio, e ora l'ex First Lady ha detto di andare fino in fondo per vincere la nomination.
giovedì 21 febbraio 2008
Navy Missile Hits Decaying Satellite Over Pacific Ocean
WASHINGTON, Feb. 20, 2008 – A network of land-, air-, sea- and spaced-based sensors confirms that the U.S. military intercepted a non-functioning National Reconnaissance Office satellite which was in its final orbits before entering the earth's atmosphere, defense officials announced in a press release.
At approximately 10:26 p.m. EST today, a U.S. Navy AEGIS warship, the USS Lake Erie (CG-70), fired a single modified tactical Standard Missile-3 (SM-3) hitting the satellite approximately 247 kilometers (133 nautical miles) over the Pacific Ocean as it traveled in space at more than 17,000 mph. USS Decatur (DDG-73) and USS Russell (DDG-59) were also part of the task force.
The objective was to rupture the fuel tank to dissipate the approximately 1,000 pounds (453 kg) of hydrazine, a hazardous fuel which could pose a danger to people on earth, before it entered into earth's atmosphere. Confirmation that the fuel tank has been fragmented should be available within 24 hours.
Due to the relatively low altitude of the satellite at the time of the engagement, debris will begin to re-enter the earth’s atmosphere immediately. Nearly all of the debris will burn up on reentry within 24-48 hours and the remaining debris should re-enter within 40 days.
DoD will conduct a press briefing at 7 a.m. EST to provide further information related to the operation. The briefing can be viewed live on www.Defenselink.com through the Pentagon Channel.
martedì 19 febbraio 2008
Finita l'era di un dittatore
martedì 5 febbraio 2008
Il Giorno della verita'
Oggi martedi 5 febbraio sara' il giorno della verita' negli Stati Uniti per la corsa alla Casa Bianca, infatti oggi e' in programma il Super Tuesday dove si votera' in 20 stati per scegliere il candidato democratico e repubblicano che si scontreranno il 4 novembre per la presidenza.
Se sul versante repubblicano e' nettamente favorito l'eroe di guerra John Mccain su Mitt Romney, in casa democratica continua il testa a testa fra Hilary Clinton e Barack Obama che in queste ore sono stati impegnati in un touer de force per conquistare gli ultimi indecisi.
Quindi non ci resta che aspettare e goderci lo spettacolo!!
martedì 29 gennaio 2008
President Bush Delivers State of the Union Address
Ultimo discorso del Presidente George W. Bush sullo stato dell'unione al congresso americano, il Presidente ha dichiarato che l'America non e' in recessione e sapra' superare questo momento, per quanto riguarda la lotta al terrorismo moltissimi obbiettivi sono stati raggiunti ma ancora bisogna rimanere all'offensiva per difendere democrazia e liberta'!
http://www.whitehouse.gov/news/releases/2008/01/20080128-13.html
domenica 27 gennaio 2008
We will not forget
Non dobbiamo assolutamente dimenticare, anzi deve essere un impegno a ricordare quello che e' stata la piu' grande tragedia dell'umanita', che ha segnato l'intera esistenza mondiale, e per questo si deve esseri uniti e fermi nell' impedire che cose del genere non accadano piu'.
Anche se questo vuol dire usare mezzi estremi come interventi militari per combattere ogni forma di terrorismo e minaccia, e soprattutto isolare quei personaggi come Ahmadinejad, che ha negato l'esistenza dell'olocausto e dichiarato di cancellare Israele dalle carte geografiche.
venerdì 25 gennaio 2008
Alla fine ce ne siamo liberati!!!!
Finalmente dopo 20 mesi di agonia per l'Italia il governo guidato da Romano Prodi e' caduto, sfiduciato dal Senato si e' recato al Quirinale per rassegnare le propie dimissioni. Ora si volti pagina e si vada al voto per permettere agli Italiani di decidere chi vogliono che ci governi, "anche se non ho dubbi chi scegliranno" per un Italia migliore, quindi possiamo dire cambiamo pagina.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=236416
lunedì 14 gennaio 2008
Ultimo Avvertimento!
Ricostruendo le mosse del nemico sullo scacchiere medio-orientale, ripercorrendo i fronti su cui si snoda la contrapposizione tra potenza sciita e nazioni arabe sunnite, il presidente punta a richiamare all’ordine degli alleati, a spazzar via dubbi e indecisioni, a convincerli della necessità di un confronto frontale con Teheran. «Le azioni dell'Iran minacciano la sicurezza delle nazioni ovunque», spiega il presidente offrendo la disponibilità degli Stati Uniti ad «affrontare il pericolo prima che sia troppo tardi».
Bush deve però fare i conti con il calo di fiducia manifestato da tutti gli alleati della regione negli ultimi tre anni. Così l’invocazione all’unità si chiude con un’assicurazione che è garanzia e promessa. «Se resterete uniti i terroristi non potranno battervi e noi potremo proteggere i vostri popoli, garantendovi pace e sicurezza». E al quinto giorno il presidente americano attaccò. Dopo i dialoghi e trattative sulla difficile pace tra Israele e palestinesi, dopo gli incontri con gli alleati e i rapporti dal fronte iracheno, George W. Bush prende il toro per le corna, affronta il grande nemico, tocca la questione chiave di un viaggio progettato per rilanciare la strategia anti-iraniana. Lo fa non a caso da Abu Dhabi.
Nella sfavillante capitale degli Emirati s’intrecciano gli affari medio-orientali, si mescolano gli interessi iraniani e quelli delle nazioni arabe. Da quella rilucente terra di nessuno finanziaria, dove il profitto obnubila politiche, princìpi e ideali, George W. Bush chiama tutti a raccolta. Si rivolge agli iraniani, ricorda il loro diritto a venir ascoltati dal governo. Lancia il più duro affondo contro il regime della Repubblica Islamica e lo accusa di essere il «principale sponsor del terrorismo» e il «maggior pericolo per la stabilità mondiale». Rivolge un monito agli alleati della regione spesso indifferenti o recalcitranti di fronte alla richiesta di democrazia dei propri cittadini.
Per evitare che l’attacco al governo di Mahmoud Ahmadinejad venga interpretato come un sentimento anti-iraniano, il grande affondo punta innanzitutto al cuore delle genti iraniane. «Il vostro governo è una minaccia, ma voi popolo iraniano non siete così, vi auguro più democrazia, più libertà, più apertura alla comunità internazionale. Voi iraniani non avete migliori amici che gli Stati Uniti d’America. Siete ricchi di cultura e di talento - ricorda il presidente - avete il diritto di vivere sotto un governo disposto ad ascoltarvi e rispettarvi, un governo che vi permetta di costruire un futuro migliore per le vostre famiglie».
Il governo di Teheran, secondo Bush, fa il contrario, dimentica le esigenze della popolazione e utilizza ogni risorsa per alimentare il disordine internazionale. «Il regime vi nega queste opportunità minacciando la pace e la stabilità dei vostri vicini, per questo chiediamo a Teheran di dar retta ai vostri desideri e di render conto del suo operato». Poi mira al cuore del nemico, spiega che Teheran «arma Hezbollah», «finanzia Al Qaida» e sviluppa un programma nucleare «pericoloso per la comunità internazionale». L’Iran è, insomma, «la prima minaccia per la sicurezza dell’umanità»
mercoledì 9 gennaio 2008
Video del Pentagono
Ecco il video integrale rilasciato dal pentagono sull' incidente sfiorato nello stretto di Hormuz fra battelli Iraniani e navi da guerra Statunitensi.
lunedì 3 dicembre 2007
Il Popolo Venezuelano scarica Chavez
Il popolo Venezuelano boccia con il referendum la possibilita' di modificare il mandato presidenziale che avrebbe permesso al presidente Chavez di ricandidarsi per il terzo mandato consecutivo, cosi' Chavez non potra' essere il presidente a vita che sperava.
Anche se di poco la vittoria dei no e' stata fatale al presidente rivoluzionario che ha dichiarato a suo malincuore che e' stata una prova di democrazia del popolo venezuelano.
Speriamo che sia l'inizio di un cambiamento radicale che porti il Venezuela sull cammino della piena democrazia post chavez.
venerdì 23 novembre 2007
martedì 6 novembre 2007
Torna la fiducia in Irak. Rientrano i profughi e crollano gli attentati
A settembre, dopo la sua relazione al Congresso sulla situazione irachena, i democratici lo accusarono di metter in scena una fiction. Il generale David H. Petraeus, comandante delle truppe americane in Irak, la chiamava surge, ovvero rimonta. Ora le cifre parlano per lui e raccontano di un’autentica rivincita, di un’inversione di marcia senza precedenti in quattro anni di guerra. Il dato più impressionante è quello sul ritorno a Bagdad di 3.100 famiglie. Erano fuggite in Siria e Giordania per sottrarsi alle carneficine della capitale. Negli ultimi novanta giorni sono tornati a casa e si sono rimessi al lavoro. La fiducia si basa anche sui numeri. Ad ottobre la media dei morti iracheni, civili o militari, è scesa da 56 al giorno a meno di 30. I 905 cadaveri registrati dagli obitori lo scorso mese non fanno ancora pensare alla Svizzera, ma una mortalità così contenuta non si registrava, dati alla mano, dalla primavera del 2006.A farlo capire contribuiscono le foto di Joseph Liath tornato a vendere liquori nel suo negozio di Bagdad o i racconti del suo concorrente Fami Ameen nuovamente a suo agio nel servire ouzo, arak e whisky nell’affollata bottega di Assassin’s Gate. Mesi fa avevano abbandonato tutto. Ora si sentono abbastanza sicuri da sfidare le minacce fondamentaliste, farsi fotografare e rilasciar interviste. A suggellare la ritrovata fiducia contribuiscono le parole di chi torna. «Sei mesi fa non andavo più a lavorare, per la paura non mi affacciavo neppure alla porta del giardino, ora è decisamente meglio», spiega Saad al-Azawi rientrato con moglie e quattro figli da sei mesi di esilio in Siria.Se gli iracheni tornano a sorridere i soldati americani piangono meno. Ad ottobre hanno perso 39 colleghi, un dato in assoluta controtendenza rispetto alla seconda metà del 2006 e a tutto il 2007. Dal marzo 2006 ad oggi era, infatti, sempre andata peggio. Statisticamente il dato attuale è anche più significativo. I 39 caduti di ottobre sono la proiezione di un contenimento iniziato a maggio, quando 126 americani tornarono a casa nei sacchi neri. Allora la surge, la “rimonta” studiata e voluta da Petraeus, il miglior esperto di strategie anti insurrezionali dell’esercito americano, era appena all’inizio. A gennaio il generale aveva preteso e ottenuto trentamila uomini in più da dislocare nelle aree chiave del Paese e della capitale. I 104 morti di aprile, il picco di maggio e i 101 caduti di giugno corrispondono ai momenti decisivi dell’offensiva. La situazione migliora dall’inizio dell’estate, quando i trentamila rinforzi si ambientano e assumono il controllo dei nuovi avamposti. Da allora le statistiche registrano 78 caduti a luglio, 84 ad agosto e 65 a settembre fino alla positiva caduta ottobrina. A questi dati fa seguito l’annuncio del generale David Edgington secondo cui ieri, per la prima volta in molti mesi, gli aerei e gli elicotteri americani non hanno messo a segno alcun raid armatoI trentamila soldati in più non devono ingannare. La “rimonta” di Petraeus si basa poco sulla forza e assai di più su un complesso meccanismo militare e diplomatico rivolto alla riconquista del cuore e delle menti sunnite e sul contenimento dello strapotere delle milizie sciite. Per realizzarlo Petraeus contatta i capi tribali sunniti stufi del fondamentalismo qaidista e li convince a combattere contro le milizie fedeli a Osama Bin Laden. In cambio garantisce sovvenzionamenti, protezione per il rilancio delle attività economiche e un severo contenimento dello strapotere delle milizie sciite. Il risultato più strabiliante lo ottiene nella provincia di Anbar, trasformata in dieci mesi da santuario qaidista in icona della nuova collaborazione con le tribù sunnite. Il severo controllo imposto ai confini con l’Iran, l’aggressiva politica di dissuasione contro le milizie sciite, suggellata dalla ritirata di Moqtada Sadr, e la stretta vigilanza imposta sui quartieri nevralgici di Bagdad hanno inoltre abbassato il livello della guerra civile e reso meno mortifera la capitale. Non è ancora la vittoria, ma sicuramente la prima decisiva rimonta dopo quattro anni di errori e sconfitte.
Il Giornale.it
mercoledì 26 settembre 2007
martedì 11 settembre 2007
We Will Never Forget
Per tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per la liberta' e la democrazia.
sabato 8 settembre 2007
Bush: "Determinati in Iraq"
Il presidente Usa Bush ha commentato il nuovo video di Osama Bin Laden. "Il video mette in evidenza la necessità di mostrare determinazione in Iraq", ha detto Bush che ha aggiunto: "Il nastro ci ricorda in che mondo pericoloso viviamo e che dobbiamo lavorare assieme per proteggere il nostro popolo. Trovo interessante il fatto che, nel nastro, sia menzionato l'Iraq che è parte di questa guerra contro gli estremisti".
Bush hasottolineato quindi come sia "importante che noi mostriamo risolutezza e determinazione, per proteggere noi stessi, per togliere ad Al Qaeda un rifugio sicuro, per sostenere le giovani democrazie - ha precisato -. Cio' rappresenterà la più grande sconfitta per le loro ambizioni".
"Se Al Qaeda si preoccupa di menzionare l'Iraq - ha aggiunto il presidente americano - vuol dire cheha delle mire in Iraq, che vuole mandarci via e crearsi un rifugiosicuro". Un luogo sicuro, ha aggiunto Bush, "da dove lanciare attacchi contro l'America o qualsiasi altro suo alleato
lunedì 27 agosto 2007
I 10 punti fondamentali di Rudy Giuliani
Elenco i 10 punti fondamentali della politica di Rudolph Giuliani per la campagna elettorale delle presidenziali del 2008.
1) Manterrò l'America all'offensiva nella Guerra al terrore.
2) Metterò fine all'immigrazione illegale, renderò sicuri i nostri confini e identificherò ogni individuo presente nella nostra nazione che non sia cittadino americano.
3) Ristabilirò la disciplina fiscale e taglierò gli sprechi di Washington.
4) Ridurrò le tasse e riformerò la legislazione.
5) Imporrò il principio della responsabilità (accountability) a Washington.
6) Condurrò l'America verso l'indipendenza energetica.
7) Darò agli americani più controllo su, e accesso a, prestazioni sanitarie economicamente accessibili, offerte tramite soluzioni di libero mercato.
8) Aumenterò le adozioni, diminuirò gli aborti e proteggerò la qualità della vita dei nostri figli.
9) Riformerò il sistema legale e nominerò giudici rigorosi nell'interpretazione delle leggi.
10) Assicurerò che ogni comunità in America sia preparata per affrontare attacchi terroristici e disastri naturali.
11) Garantirò l’accesso all'educazione di qualità a ogni ragazzo in America, dando ai genitori il diritto di scegliere la scuola che preferiscono (real school choice).
12) Aumenterò la partecipazione americana nell'economia mondiale e rafforzerò la nostra reputazione nel mondo.
Iscriviti a:
Post (Atom)